Se il gioco democratico è ormai affidato al ruolo che la Tv svolge nella dinamica comunicativa della nostra società, serve una garanzia più alta per mantenere la democrazia in un alveo certo.
Che la Tv svolga un ruolo fondamentale per le democrazie contemporanee sembra non essere più una novità. I leader di partito si affrettano a conquistare uno spazio nei talk show e, una volta in quei luoghi, sembrano parlare più tra di loro che alle persone che sono dall’altra parte dello schermo. Per lo spettatore è una comunicazione doppiamente mediata. Prima dal mezzo e poi dalle strutture dei programmi che ci obbligano ad assistere ad uno scambio comunicativo in cui le persone sono ridotte a fare o da spettatori o da tifosi.
È anche per questo che chi è nato, o approdato, con la rete stenta a riconoscersi in questa modalità comunicativa e sovrappone alla gabbia dello schema talk show il flusso dei social network. Ormai è quasi impossibile seguire una trasmissione politica senza controllare le tendenze che nella rete rimbalzano e che vi si riflettono. Ma anche viceversa. Chi segue un social network, infatti, per poter esprimere la propria opinione non potrà non sapere cosa sta accadendo nel principale talk show del momento. Un processo a spirale che tende a inghiottire la realtà.
C’è un solo esempio contrario ma speculare, come un cono rovesciato, ed è rappresentato da Beppe Grillo che unisce alla sua presenza in rete sia il rimbalzo che i media fanno della sua comunicazione online, sia la dimensione della piazza. Un intreccio che costruisce una trama che tende ad ipnotizzare e sterilizzare le coscienze. Mai come questa volta, infatti, si ascolta in giro uno smarrimento che non è di idee, ma di relazione.
Il punto, quindi, è proprio il tema dell’utilizzo dello spazio Tv come spazio sociale. Se il gioco democratico è ormai affidato al ruolo che la Tv svolge nella dinamica comunicativa della nostra società, serve una garanzia più alta per mantenere la democrazia in un alveo certo.
Come ha funzionato la logica dell’informazione fino ad ora? Lo spazio concesso alle singole formazioni politiche o alle coalizioni è sostanzialmente calcolato in maniera proporzionale al peso politico dei partiti. Questo meccanismo tende a sovrastimare i partiti più forti e mantenere in secondo piano quelli più deboli o le nuove formazioni. Nulla di cui ha bisogno, oggi, la nostra democrazia.
Per non far vincere la sola pura contestazione, ci sarebbe stato bisogno di far intravvedere che esistono altre logiche politiche, altre offerte e altri gruppi dirigenti.
Alle elezioni ogni soggetto dovrebbe partire con le stesse opportunità e le stesse garanzie, senza tener conto né dei risultati di cinque anni prima, né dei sondaggi, per decidere a chi dare la ribalta e a chi offrire lo sgabello in ultima fila.
Su questo dovrebbe vigilare l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che, invece, si piega agli interessi dei più forti. Da settimane non vediamo più nessun intervento correttivo da parte dell’Autorità, mentre tutti assistiamo a continue violazioni della par condicio. Violazioni che altro non sono che alterazioni del processo democratico.
Il tema delle regole per la televisione, nella prossima legislatura, diviene ancor più urgente.
Editoriale su Terranews
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