La produzione immateriale industrializzata e gli effetti sul significato della comunicazione umana
Ognuno di noi, ogni giorno e in ogni messaggio, è sempre più alla spasmodica ricerca di parole che abbiano conservato un senso sufficiente a raccontare le nostre idee, emozioni, esperienze. Il punto è che le parole sembrano perdere di peso, divenire evanescenti, senza la forza necessaria a trasmettere il senso che gli affidiamo o che vorremmo che esprimessero. È la caduta tendenziale del saggio del significato. Più usiamo le parole più il loro valore aggiunto perde di qualità. La moltiplicazione esponenziale dei messaggi, il loro uso distratto, l’uso commerciale che i mass media ne fanno, ci ha sospinto in un territorio nuovo.
Ma non dobbiamo averne il rigetto, non possiamo permettercelo.Lo sforzo da fare è quello di comprendere il nuovo quadro e di costruire gli strumenti critici adeguati ad esso. Rifutare il senso dei processi, attraverso la condanna di ciò che pensiamo sia sbagliato o ingiusto, sperando che tale condanna ci faccia ritornare alla realtà che sappiamo mettere a critica, non risolverà i nostri problemi. Dobbiamo saper investire sulla messa a critica del nuovo con i nuovi occhiali che le nuove contraddizioni ci mettono a disposizione. Dobbiamo saper investire sulla qualità nuova delle libertà che queste forme indicano come possibili ma che non possono e non sanno garantire all’umanità. Dobbiamo saper scavare nelle nuove e più avanzate forme di socialità che questo quadro sociale ci sta mettendo a disposizione.
Sarà l’uso sociale a scovarne nuove e socialmente utili forme. La talpa continua a scavare.
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