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Noi sottoscritti ci appelliamo alle donne e agli uomini che hanno in mano i destini della umanità.
Noi crediamo che la tecnologia possa alleviare molto le fatiche e i disagi del vivere, contribuire a costruire una sicurezza più alta, aumentare le potenzialità e le possibilità culturali, sia degli individui, sia delle comunità. Ma le tecnologie, per noi, devono essere tecnologie di Pace, includenti e non invadenti, in grado di aumentare le possibilità senza ridurre gli spazi di libertà, individuali e collettivi.
Non tutti i segnali, però, ci confortano sulla consapevolezza delle ricadute nell’estensione dell’uso di tecnologie avanzate in ambiti e con finalità fino ad ora inedite. Pensiamo, in primo luogo, alla guerra. Già da anni lo sviluppo tecnologico consente di condurre guerre senza la definizione di un vero e proprio campo di battaglia, con conseguenze devastanti sia sotto il profilo delle perdite di vite umane civili, sia sotto il profilo di rendere apparentemente “asettici”, “chirurgici” o “umanitari” i conflitti e le uccisioni.
Per questo motivo riteniamo che, a questo punto della storia tecnologica del mondo, la consapevolezza sull’uso delle tecnologie e il controllo sociale del loro sviluppo diventi una priorità dell’agire politico e sociale dell’umanità.
L’opinione pubblica, abituata dai mass media a pensare che la sicurezza possa essere affidata alle tecnologie, pare non rendersi conto dei pericoli insiti nella scelta di affidare la guerra ad apparecchiature sempre più automatizzate e rispondenti solo ad algoritmi di calcolo e non più alla decisione umana. Tutto questo ingigantisce l’insicurezza. Inaccettabile, inoltre, sarebbe la scelta di affidare armi di distruzione di massa ad automatismi dotati di intelligenza non umana: in un crescendo di irreparabile inconsapevolezza potrebbero essere affidate o rese disponibili a “intelligenze artificiali”, armi nucleari o batteriologiche in grado di sterminare molte delle specie viventi sul pianeta.
Già oggi è possibile la creazione di robot capaci di apprendere in maniera autonoma o di assumere decisioni non previste da chi ha pensato e prodotto tali apparati tecnologici.
La scarsità delle risorse, lo squilibrio immorale della distribuzione di quelle disponibili, le differenze tecnologiche e scientifiche tra i popoli, consentono a poche oligarchie politiche, economiche e tecno-scientifiche di controllare l’umanità e il mondo. Di fronte a questo scenario, dobbiamo impedire una nuova corsa agli armamenti che rendano la guerra e il potere definitivamente dis-umani.
Stiamo assistendo, nella totale assenza di comprensione dei più, alla introduzione di androidi da combattimento per tutti gli scenari di guerra. La spesa mondiale per tali tecnologie, antropomorfe o meno, ammonta a molte centinaia di miliardi di Dollari e sta già trasformando gli scenari delle decisioni e dello svolgimento delle guerre in maniera irreparabile.
Questo significa che in ogni futura guerra potrebbe essere possibile impiegare armi tecnologiche che renderebbero sempre più artefatto, ma non meno crudele, il rapporto tra chi uccide e chi è ucciso. Tali armi renderebbero le decisioni di uccidere sempre più automatiche, fino ad ipotizzare che, attraverso il loro controllo remoto, si possa trasformare il campo di battaglia in una rappresentazione analoga ad un videogame, al punto di portare la guerra in un territorio dove decidono le macchine.
Tutti noi oggi siamo in pericolo. Se è ancora vivo l’incubo delle armi nucleari, di vecchia o nuova generazione, è proprio perché l’umanità non arrivò in tempo a comprendere i rischi di quella folle corsa agli armamenti. Oggi, come nel 1955 domandarono al mondo intero Albert Einstein e Bertrand Russell nel loro Manifesto per la Pace, i nuovi scenari ci impongono di riprendere la domanda che l’umanità ha dovuto imparare con la bomba atomica: “Quali passi possono essere compiuti per impedire una competizione militare il cui l’esito sarebbe disastroso per tutte le parti?”. Oggi, a differenza del passato, siamo ancora in tempo per bloccare il nuovo pericolo e scongiurare un salto qualitativo, sia nella corsa agli armamenti, sia nella logica della guerra.
Noi rivolgiamo un pressante appello ai governi di tutto il mondo affinché si rendano conto e riconoscano pubblicamente che i loro obiettivi non possono essere perseguiti mediante guerre affidate a tali tecnologie e li invitiamo a promuovere la messa al bando di tutte le armi robotiche. “No Robot War” è la parola d’ordine di chi crede che la Pace non può essere costruita con un ulteriore passo verso la totale disumanizzazione.
Noi chiediamo a le donne e gli uomini che hanno a cuore i destini dell’umanità, agli scienziati, alle persone impegnate sul fronte della produzione tecnologica, agli uomini che dirigono imprese militari e multinazionali, ai governi e i parlamenti, alle Nazioni Unite, di promuovere un patto mondiale per bloccare lo sviluppo di queste tecnologie e mettere al bando il loro utilizzo su scenari di guerra dichiarati o meno.
Noi non facciamo appello a ciò che possa fare il vantaggio dell’uno o dell’altro, ma vogliamo che si produca uno spazio libero da nuove, devastanti e imprevedibili forme di guerra che renderebbero ancora più disumano chi le produce o le sostiene e potrebbero rappresentare un salto definitivo nel dominio di alcuni uomini sul resto dell’umanità e sul futuro di tutte le specie viventi che si sono evolute sul nostro pianeta.
Pertanto, Noi sottoscritti chiediamo alle Nazioni Unite di deliberare la messa al bando dell’uso dei Robot di Guerra e di istituire, nell’immediato, una moratoria universale sullo sviluppo e sull’uso di queste tecnologie, in vista della loro totale abolizione.
Roma, 4 Novembre 2010.
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