Un piccolo ricordo che ha generato uno scambio di considerazioni sulla nostra vita è la nostra condizione sociale
Tutto è partito dal passaggio televisivo di una mia foto degli anni ‘70.
Un mio compagno di classe delle superiori (si abbiamo un gruppo whatsapp e ancora ci incontriamo e alla fine della cena ci rifacciamo la stessa foto che abbiamo fatto ad una partita di calcio di quegli anni…) scrive per segnalare il passaggio televisivo.
Puntualmente la mente non può non correre ai ricordi…
Eravamo una classe (rigorosamente di maschietti, agli istituti tecnici in quel tempo le femminucce erano veramente poche e da noi solo meno di una decina su più di 2000-2500 studenti…) molto affiatata. Con le sue divisioni, certo, ma sempre rispettose e gioiose. Nella realtà condividevamo la nostra condizione sociale e questo ci forniva un “linguaggio comune” e, questa nostra storia personale, si portava dietro una cultura del rispetto e dei vincoli “di classe” di cui noi sapevamo poco o nulla sul piano razionale ma che attraversavano tutte le cellule della nostra esperienza di vita.
E qui avviene una “perturbazione”, un’onda che attraversa questa condizione di rimembranza che poteva anche essere vissuta solo sul piano del “come eravamo”.
Invece, la nostra condizione, la nostra vecchia cultura, le “fondamenta” del chi siamo stati, riemerge. La nostra appartenenza “di classe” riaffiora con la consapevolezza del poi… con il peso degli anni trascorsi e che poggiano sulle nostre misere spalle.
Senza rassegnazione, però. Ed è questo un piccolo gioiello, un dono prezioso del tempo e delle radici ancora “vive”.
Per questo voglio condividere questo scambio, questo frammento di vita, con voi.
Sono semplici scambi, battute, che però segnano confini, delimitano appartenenze, istruiscono sull’oggi, sulla condizione delle vite, delle loro consapevolezze, e anche su ciò che dovrebbe/potrebbe essere un campo di lavoro per le sinistre…
Bando alle ciance. Ecco quello che ci siamo detti. Non importa chi l’ha scritto. Importa la sequenza dello scambio…
Secondo voi eravamo noi a credere in ideali concreti o era lo stato sociale che ci sollecitava ad essere idealisti? Oggi il benessere associato al Berlusconismo sta distruggendo intere generazioni
Per me c’era il senso, la percezione, di appartenere ad un processo, ad un percorso, ad una storia, che andava verso l’uguaglianza, il riconoscimento del valore sociale della persona che lavorava e vive a del proprio sudore e che aveva in mente un diverso modo di considerare le relazioni tra le persone e quindi il potere…
Era il senso di appartenere ad una parte della società (maggioritaria a prescindere dal voto) che si faceva nuova forma dei poteri, nuova vita. Era il senso del riscatto di secoli, millenni di sudditanza, di sfruttamento in cui la gente della nostra parte non veniva considerata neanche una persona ma “carne da cannone”…
Solo che a noi, alla nostra gente che era abituata ad avere nulla, è bastato solo un po’ di “consumo”, l’illusione di poter acquistare “tutto” (e invece ci davano le briciole) e ha ignorato il tema del potere… e il potere non ti dà scampo… ti ricaccia subito nella subalternità e nell’inconsapevole galleggiamento della sopravvivenza… anche con il gusto di convincerti a lottare contro te stesso e la tua parte di società, di quelli come te…
Siamo stati e siamo ingenui… non avvezzi a fare i conti con il potere e la Storia… ci siamo seduti al margine del tavolo… ma non sapevamo quali forchette e coltelli andavano usati… e c’hanno ricacciato nelle cucine…
Pensa solo al tema della “Tradizione”… c’hanno convinto a rivendicarla… ma solo perché in quelle forme sociali ci sono i rapporti sociali (con le loro forme del potere) in cui sono loro a comandare e noi a subire… e ci illudiamo di “difendere i nostri interessi”… il Potere è… potente e ha gli strumenti ideologici per farti avanzare… per difenderlo anche contro i tuoi stessi interessi…
Sergio, hai esattamente fotografato la realtà odierna. La gente sembra “sedata”, e soprattutto la gioventù, dal finto benessere che ci fanno credere di avere. Ma la situazione sta precipitando. Cosa serve ancora per risvegliarci da questo torpore?
Sbatteremo (sbatteranno…) la faccia sulla realtà della vita è della storia… solo che non saremo pronti a riprendere il nostro cammino…
Verissimo come è Verissimo che un pochino di responsabilità è anche la nostra di genitori che hanno cercato di soddisfare quei bisogni che noi dovevamo conquistarci da soli.
Quando dicono che la sinistra, in particolare il PD non parla più all’elettorato di sinistra è perché quell’elettorato non esiste più. Noi eravamo i giovani di sinistra, figli di proletari da cui abbiamo ereditato la cultura che ancora ci accompagna, poi noi ci siamo imborghesiti anche se continuiamo, forse per nostalgia, a rimanere schierati, ma siamo inesorabilmente diminuiti in questi 50 anni. I nostri figli non sono come eravamo noi.
Giusto… condivido… abbiamo subito l’illusione di non essere più quelli “sfruttati”, di autodetermiarci, di essere usciti dalla nostra condizione di subalternità. C’hanno convinto di essere “imprenditori di noi stessi”… solo che noi non avevamo alle spalle né i capitali monetari, né quelli “relazionali”, né quelli culturali delle classi al potere… ci dovevamo costruire tutto dal nulla… e, alla fine, abbiamo creato una società ibrida, illusoria, una vera e propria “Matrix” (così accontento Aleandro…)… solo che il segreto per uscirne… nkn è seguire né quelli che c’hanno aiutato a costruirla né quelli che oggi hanno montato le campagne contro la Matrix… per farci tornare indietro ai vecchi rapporti sociali (che possono sembrare rassicuranti, come tutte le “buone cose antiche” solo perché abbiamo dimenticato la loro durezza e la condizione sociale che ci aspetterebbe in quel mondo..)
Dovremmo avere il coraggio (per ciò che ci rimane e per i nostri figli e nipoti, per chi li ha…) di riprendere un cammino che, questa volta sarà ancor più difficile di prima… almeno per le nostre gambe non più forti come allora…
Allora diamoci da fare per quello che possiamo e… auguriamoci un futuro migliore x i nostri figli!
Ecco. Di tutto questo io ringrazio i miei compagni di scuola, di classe, i miei “compagni” di una condizione di vita, che anche oggi non hanno dimenticato…
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