Si è svolto a Roma un convegno con Francesco Tupone, Fabio Del Papa, Sergio Bellucci, Nino Galloni, Maurizio Acerbo, Michele Mezza, Glauco Benigni, Giulio De Petra e tanti professionisti, sindacalisti, attivisti del mondo digitale per discutere dell’impatto della Robotizzazione e della Intelligenza Artificiale sul lavoro e la vita delle persone.
Net Left ha proposto un nuovo appuntamento sull’impatto dell’innovazione digitale nella società, con particolare rilievo a ciò che accadrà al mondo del lavoro. Esperti, giornalisti, economisti, politici e attivisti della rete si sono confrontati per 4 ore portando punti di vista, esperienze e analisi a conforto di ipotesi di lavoro da suggerire al mondo sociale, sindacale e politico.
Nei prossimi anni, il dato non viene più contestato da nessuno, le società umane vivranno l’impatto delle due principali innovazioni rese disponibili dalla potenza delle tecniche digitali: la robotica e l’intelligenza artificiale. Ma cosa significa, per gli assetti sociali, istituzionali, politici, economici, produttivi e di consumo tale impatto? Su questo impatto molte opinioni divergono, spesso in funzione delle culture di provenienza, della capacità di comprensione reale del portato di tale trasformazioni introdotte dal digitale, della età, dell’insediamento sociale e di classe. In generale si sottovalutano i cambiamenti perché l’umano è spontaneamente portato a mantenere ciò che conosce e di cui governa i processi, le opportunità, le conseguenze ed attende che le cose si presentino nella loro vita per affrontarne gli effetti. Una caratteristica che nell’era del digitale, caratterizzata dalla velocità, dalla ubiquità, dalla estensione dei processi di cambiamento che spesso assumono le caratteristiche di vere e proprie “valanghe”, non consente e non ammette l’attesa del cambiamento, ma la necessità della sua diretta “costruzione”. O si costruisce il cambiamento che si vuole o si subisce il cambiamento che viene imposto dagli altri. Questo cambio di paradigma riduce lo spazio della contrattazione, una delle forme con le quali, nei due secoli precedenti, il movimento dei lavoratori era riuscito a strappare diritti, condizioni di miglioramento della vita lavorativa, delle condizioni di partecipazione e di dignità. Oggi, la politica di cui c’è necessità è quella che immagina gradi di libertà altri, rispetto a quelli che si producono all’interno del mercato e delle sue logiche, e lavora per la loro concreta e materiale realizzazione. Lo spazio per “rivendicare” diviene minore e la sua pratica diviene sempre meno efficace nel determinare salti di qualità generali delle condizioni di vita.
L’impatto dei processi relativi alla automazione del lavoro viene percepito, dai più, come un aspetto relativo al lavoro della fabbrica, in particolare della grande fabbrica, e quindi pensato dai più come un problema che non investe la loro condizione che resterà immutata ed esterna alle trasformazioni in arrivo. Nulla di più errato, però. Automazione e Intelligenza artificiale interverranno in maniera parallela sul tutto il fronte del fare umano. Dal lavoro impiegatizio e ripetitivo a quello di cura, dalle professioni di assistenza al mercato ai professionisti del mercato finanziario, dal lavoro giornalistico a quello medico. Passando, naturalmente, per il lavoro operaio e tecnico. Un processo di “unificazione” del lavoro che la digitalizzazione consentirà attraverso i processi di ingegnerizzazione delle attività. Quello che io chiamo da molti anni il taylorismo digitale, l’applicazione delle regole tayloristiche all’intero fare umano consentito dalla flessibilità delle tecnologie digitali. La capacità di tale processo di estendersi a quasi tutte le attività umane ridescriverà l’intero orizzonte delle cose che riguarderanno la vita delle persone.
L’impatto di tale processo, però, non riguarderà esclusivamente il destino personale o di una classe, né limiterà i suoi effetti esclusivamente al lavoro, alla produzione, alla forma delle merci o del loro consumo. È l’impianto intero delle istituzioni prodotte negli ultimi 150-200 anni che viene messo in discussione. Le istituzioni democratiche parlamentari, nate sulla possibilità di poggiare i loro presupposti partecipativi sulla distribuzione e redistribuzione della ricchezza (e dei diritti) sulla produzione di valore che derivava dal lavoro, risultano scosse e messe in discussione.
E l’impatto della trasformazione che sta arrivando non si ferma qui. La stessa natura della moneta sta subendo un cambiamento genetico attraverso le tecnologie di nuova generazione (quelle basate sul modello della blockchain) mettendo in discussione la stessa forma che ha caratterizzato la moneta da quando sono nate le banche centrali che emettono moneta in cambio di debito.
In altre parole, le nostre società sono definitivamente uscite dal porto sicuro delle certezze della strutture di fondo e ha iniziato a navigare nel mare aperto della grande trasformazione digitale.
Queste le domande fondamentali che il convegno di Net Left ha posto con una unica certezza: non c’è riparo nella scelta di bloccare tale processo e di piegare verso il passato il corso degli eventi. C’è, invece, la possibilità enorme di intraprendere un percorso di costruzione delle nuove forme di socialità, di produzione, di consumo, di merci che sono potenzialmente messe a disposizione dalle potenzialità delle nuove tecnologie.
Il digitale consegna l’umanità ad una necessità politica nuova, almeno a sinistra, passare dalla pura espressione rivendicativa a quella della diretta costruzione della società futura.
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