Taylorismo digitale e nuovo conflitto tra capitale e lavoro
1. Sussunzione e sapere
Nella storia dell’umanità il fare, il saper fare e le risorse necessarie a fare sono stati elementi che hanno caratterizzato il processo del divenire delle possibilità sia degli individui, sia delle collettività umane. Dall’avvento della forma di produzione capitalistica questi elementi hanno assunto le caratteristiche di un sistema, di una struttura dinamica in perenne evoluzione. Il fare (o, come diremmo oggi, il lavoro) e le risorse necessarie a fare (che da tempo ha assunto, appunto, la forma del capitale), si contendono il territorio del saper fare con un vero e proprio scontro su chi dovesse controllare quella risorse strategica necessaria alla produzione delle merci. Il saper fare è stato l’oggetto di una vera e propria contesa intorno alla quale si sono determinate lotte e definiti equilibri sociali e politici. Il rapporto tra questi elementi produce il territorio del poter fare, quello che in realtà viene definita oggi come la politica.
Il rapporto tra il lavoro e il capitale si è caratterizzato, nella storia, nel rapporto tra il sapere e il potere. Quanto sapere e quanto potere c’era nell’uno o nell’altro e se fosse giusto che a governare i processi fosse un aggregato o l’altro. Questo rapporto, inoltre, non ha mantenuto le stesse caratteristiche, non è rimasto immutato. Anzi. Uno dei limiti delle analisi delle sinistre, è stato quello di ipostatizzare, di considerare il rapporto esistente, in quello specifico momento storico che si sta vivendo, come quello definitivo, finale e farne discendere le caratteristiche e condizioni generali. Il rapporto, invece, è in movimento, in perenne ricontrattazione e, negli ultimi anni, sembra aver raggiunto una velocità di cambiamento enorme.
Il tema del rapporto tra capitale e lavoro, quindi, subisce accelerazioni e trasformazioni per poi passare a fasi di stabilizzazione, fasi nelle quali il sistema sembra ottimizzare i nuovi rapporti di forza che si sono definiti. L’andamento, quindi, non è mai lineare e vive di accelerazioni e stabilizzazioni che dipendono da molteplici fattori come dinamiche sociali, conoscenze scientifiche e acquisizioni tecnologiche.
Sul piano storico, guardando alla dimensione secolare dei processi, si possono evidenziare alcuni tendenze. La prima è quella della trasformazione del modello del fare. Fino ad un determinato momento della storia umana gli individui svolgevano il loro lavoro per garantirsi direttamente la loro sopravvivenza. Solo con la nascita del capitalismo il lavoro comincia ad assumere la forma del lavoro salariato. In particolare, questa modalità assume la caratteristica formale del lavoro salariato, caratterizzato da regole sempre più stringenti e, in una seconda fase, anche contrattualmente definite. Il lavoro nella fabbrica si trasformava da quello che potremmo definire, per contrasto, naturale. Ovviamente nessun lavoro, dall’avvento della società umana, caratterizata dalla divisione del lavoro in varie mansioni e profssioni, ha mai assunto una dimensione che potremmo definire come naturale.
Il capitalismo, però, cambia le carte in gioco. La sua capacità di trasformare la forma del lavoro fu definita da Marx sussunzione. Seguendo lo schema marxiano della sussunzione alla logica produttiva del capitale, possiamo individuare delle continuità e delle discontinuità e provare a fare delle analisi sulle tendenze e sui compiti politici.
Il tema della sussunzione formale (quello della mercificazione del reale e, quindi, della sua riproducibilità sotto forma di merce) continua a sviluppare la capacità pervasiva in ambiti nei quali la capacità/possibilità di individuare uno schema classico della forma di lavoro diviene sempre più difficile. Questo marginalizza la capacità antagonista di costruzione di una autonomia della capacità lavorativa rispetto alla estrapolazione di valore dal ciclo. Infatti, molte delle forme di lavoro di nuova generazione, non sono stravolte rispetto ai lavori del passato (come accadeva con la produzione classica di beni materiali) ma letteralmente inventati dalla nuova capacità di messa in produzione di pezzi di vita e di produzione di realtà, di senso, sotto forma di merci.
La sussunzione reale (la capacità di estrapolare conoscenza produttiva e inglobarla all’interno del capitale fisso – che oggi è sempre meno solo macchina ma sempre più processo di ingegnerizzazione della produzione-) diviene sempre più dirompente anche se assume caratteristiche diverse da quelle dei primi decenni del capitalismo. Mentre nelle prime fasi la sussunzione reale era caratterizzata dalla estrapolazione del sapere “sociale del lavoro” (come si produceva un qualsiasi oggetto era un deposito sociale e tramandato da persona a persona, addirittura nelle forme più “tradizionali” erano affidati a saperi corporativi e, cioè, esclusivi tra gruppi), oggi la condizione della sussunzione reale diviene caratterizzata dalla ingegnerizzazione sperimentale, cioè da invenzioni di specialisti. La parte di sapere che oggi il capitale estrapola dal corpo sociale è divenuta un fattore di margine, una sorta di missione di semplice “aggiustamento” del funzionamento dell’organizzazione del lavoro pensata a monte dalla strutturazione scientifica fatta attraverso e per mezzo delle potenzialità del digitale.
2. La discontinuità del digitale
3. La produzione nella fase digitale
4. Il Taylorismo digitale
5. Il Lavoro Implicito
6. Le nuove contraddizioni e le potenzialità aperte dal digitale che il capitale nega
6. Il nuovo conflitto e la Sussunzione sociale
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