La difficoltà di uscire dalla crisi
Uno studio dell’University di Chicago appena divulgato dimostra che nella “povertà si sceglie il peggio”. In altre parole si sceglie l’immediato e non si riesce a vedere oltre il proprio naso, ad attuare strategie a lungo termine e, quindi, efficaci. Un parallelo viene immediatamente alla mente pensando alla crisi della politica. In particolare alla crisi della sinistra. Nella difficoltà si sceglie il peggio perché si perde la capacità di leggere in prospettiva gli eventi, di capirne il senso di fondo e costruire una strategia che corrisponda alle necessità politiche che si vogliono perseguire.
Mi sembra una fotografia impietosa, ma veritiera, di quello che ci sta accadendo da anni: risposte tattiche, sempre più miopi, che non hanno consentito neanche di evitare al paese la deriva berlusconiana per venti anni. Ora c’è bisogno di altro. Occorre alzare la testa, non per segnalare una ritrovata dignità, ma per poter guardare oltre le piccole cose che ci affogano e, provare a dare risposte strategiche. Questo era il senso della austerità berlingueriana. Possiamo anche pensare di rinunciare a modelli di consumo, a non sentirci “poveri” per questo, ma dobbiamo farlo avendo un obiettivo di alterità, un orizzonte, una idea diversa di vita e del suo senso. I sacrifici, in questo contesto possono anche avere un senso. Altrimenti diventano solo l’ennesima sconfitta che serve a far ingrassare i soliti noti e a far perdere nuovamente le idee della sinistra.
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